Disaster Recovery

Disaster Recovery e Continuità Operativa

Disaster Recovery: Ruolo Cruciale nella Continuità Operativa

Come il Disaster Recovery supporta la protezione dei dati aziendali, contribuisce alla continuità operativa e si integra nelle strategie organizzative all’interno del Business Continuity Management

Per spiegare l’importanza del Disaster Recovery nelle strategie organizzative occorre comprenderne con esattezza il reale significato, soprattutto in relazione alla Continuità Operativa o Business Continuity, con il quale spesso si genera confusione.

Il Disaster Recovery è emerso con lo sviluppo delle tecnologie e l’automazione dei processi, che hanno introdotto nuove sfide da affrontare per assicurare il ripristino delle attività in caso di interruzioni. Questo ha implicato la progettazione e la realizzazione di misure mirate a garantire il recupero di sistemi, dati e infrastrutture tecnologiche essenziali per il funzionamento di un’organizzazione.

Tuttavia, col passare del tempo, è risultato evidente che ciò da solo non è sufficiente, soprattutto a causa della forte dipendenza dei processi aziendali dalle tecnologie informatiche. Per un’organizzazione che desidera essere veramente resiliente è fondamentale considerare anche gli impatti di un’interruzione sugli aspetti non puramente tecnologici, come risorse umane, gestione operativa, logistica, aspetti commerciali, e così via.

È così che ha preso forma la Continuità Operativa, che attraverso la BIA (Business Impact Analysis), si concentra sulla prevenzione, e ha come scopo quello di garantire la sostenibilità e il ripristino di tutti i processi in caso di interruzione.

La Business Continuity, come specificato nella norma ISO 22301, si riferisce alla capacità di un’organizzazione di mantenere l’esecuzione dei “processi operativi core” (come la consegna di prodotti e l’erogazione di servizi) anche in situazioni di crisi o esposizione a minacce.

Approfondendo ulteriormente questa definizione si può affermare che la continuità operativa consiste nell’individuare i processi necessari e appropriati per garantire la resilienza dell’organizzazione (in termini di operatività, capacità produttiva, supply chain, interessi, immagine, comunicazione, e così via) a fronte del manifestarsi di condizioni avverse.

Queste condizioni, talvolta impreviste, come il caso del Coronavirus devono essere affrontate in un lasso di tempo predefinito e accettabile, per consentire all’organizzazione di continuare le proprie attività normalmente o con una riduzione minima e controllata.

In sostanza, la Business Continuity rappresenta una strategia più ampia e comprensiva, mentre il Disaster Recovery si concentra su un aspetto specifico: garantire l’operatività per assicurare la continuità di alcune operazioni e attività.

All’interno di un Business Continuity Plan, il Disaster Recovery ricopre un ruolo fondamentale, poiché definisce le azioni necessarie per proteggere determinate funzioni e le misure da attuare per raggiungere tali obiettivi.

L’ambito della Business Continuity non si limita all’infrastruttura IT, ma abbraccia la piena funzionalità di un’organizzazione, coinvolgendo diversi settori operativi. Mentre il Disaster Recovery costituisce solo una parte della Business Continuity, e si focalizza sulle misure tecniche e organizzative necessarie per ripristinare l’infrastruttura aziendale (compresa quella informatica) a seguito di guasti interni o eventi esterni, anche di natura dolosa.

Dal punto di vista temporale, la Business Continuity non solo gestisce la risposta tempestiva a un evento, ma prevede anche misure preventive. Al contrario, il Disaster Recovery entra in gioco dopo che l’evento si è verificato, concentrandosi sulla fase di stabilizzazione.

È interessante notare che, nonostante un’organizzazione possa avere un solido piano di Disaster Recovery, potrebbe non aver realizzato e attivato un programma completo di Business Continuity, con conseguenti lacune nella gestione delle crisi.

Il Disaster Recovery Plan: guida operativa per il ripristino

Un elemento cruciale all’interno di una strategia di Disaster Recovery efficace è la creazione e l’attivazione di un Disaster Recovery Plan (DRP).
Questo piano, integrato nel Business Continuity Plan (BCP), è progettato per garantire che, in caso di interruzioni dovute a guasti tecnici, incidenti o eventi imprevisti, un’organizzazione sia in grado di ripristinare rapidamente i sistemi, i dati e le infrastrutture tecnologiche essenziali per la sua operatività.

Mentre la Business Continuity si occupa di garantire che tutte le funzioni critiche di un’organizzazione possano continuare a operare anche in situazioni di crisi, il Disaster Recovery si concentra sulla strategia di ripristino dei sistemi IT e delle infrastrutture tecnologiche dopo un’interruzione.

Il Disaster Recovery Plan (DRP) è lo strumento operativo che traduce questa strategia in azioni pratiche e concrete, assicurando il recupero tempestivo di dati e infrastrutture tecnologiche necessarie al funzionamento dell’organizzazione.

Un Disaster Recovery Plan ben strutturato non solo specifica i processi tecnici per il recupero dei sistemi IT, ma anche i ruoli, le responsabilità di ogni membro del team, le procedure di comunicazione, le risorse necessarie, l’identificazione delle priorità operative e i tempi di risposta. In altre parole, il DRP è la guida operativa che assicura che, nel momento in cui si verifica un’interruzione, ogni persona sappia esattamente cosa fare e come farlo, riducendo al minimo il downtime1 e i rischi associati.

Il DRP è la spina dorsale delle attività IT durante un’emergenza, e ogni azienda deve adattarlo alle proprie specifiche necessità, tenendo conto di risorse, vulnerabilità e rischi.

Ad esempio, in aziende o settori che non dipendono in modo critico dai dati in tempo reale per le operazioni quotidiane, come quelle con cicli operativi più lunghi, piccole imprese locali o negozi fisici non legati a un sistema di e-commerce attivo 24/7, una perdita di dati limitata o una ripresa operativa meno rapida può essere accettabile. In queste realtà, la natura delle attività non richiede un accesso costante ai dati più recenti, e in caso di eventi negativi che comportano la perdita di alcuni dati, è sufficiente, ed economicamente meno oneroso, ripristinare un backup effettuato alcune ore prima dell’incidente.

Al contrario, nelle aziende che operano nel mondo digitale, nel commercio elettronico o nella finanza, dove ogni secondo di downtime o ogni perdita di dati può avere impatti significativi, sarà necessario ridurre, o tendere a zero, la quantità massima di dati che si può perdere in caso di incidente.

In sintesi, il Disaster Recovery Plan, così come l’intero sistema di continuità operativa aziendale, deve essere progettato e adattato alla realtà specifica dell’azienda, tenendo conto dei rischi legati alla natura del business e della criticità delle informazioni e delle infrastrutture da proteggere.

Soprattutto, deve essere un Disaster Recovery Plan adeguato alle esigenze dell’azienda e realmente applicabile, sostenibile e capace di essere attivato in tempi rapidi in caso di necessità. Solo in questo modo si potrà garantire un efficace ripristino delle attività, minimizzando i tempi di inattività e gli impatti economici derivanti da potenziali interruzioni.

Fasi di sviluppo e attuazione di un Disaster Recovery Plan

Da queste considerazioni emerge che la creazione di un Disaster Recovery Plan efficace non si limita alla sola stesura di un documento, ma prevede una serie di fasi fondamentali per garantire che il piano sia adeguato alle necessità dell’azienda e applicabile in ogni situazione di crisi.

Oltre alla valutazione dei rischi e alla definizione delle procedure operative, è cruciale anche stabilire i parametri di RTO (Recovery Time Objective) e RPO (Recovery Point Objective), che rappresentano obiettivi chiave per determinare la velocità di ripristino e la quantità di dati che un’azienda può permettersi di perdere.

Questi parametri saranno esaminati nel dettaglio nelle fasi successive del processo di sviluppo del piano.

Le principali fasi di sviluppo includono:

  1. Analisi dei rischi e delle vulnerabilità: È essenziale eseguire una valutazione dettagliata dei potenziali rischi e delle vulnerabilità che potrebbero compromettere l’operatività aziendale, con particolare attenzione ai sistemi IT, ai dati sensibili e alle infrastrutture tecnologiche critiche.
  2. Definizione delle priorità: Non tutte le attività aziendali hanno lo stesso livello di criticità. Un passaggio cruciale nella creazione del DRP è identificare le attività e i processi che devono essere ripristinati con priorità in caso di interruzione. Questo può variare in base al settore dell’azienda e al suo modello di business.
  3. Sviluppo delle procedure operative: Ogni passaggio del Disaster Recovery deve essere chiaramente definito, dai dettagli tecnici per il ripristino dei sistemi fino ai protocolli di comunicazione e coordinamento tra i membri del team.
  4. Assegnazione delle responsabilità: Il successo di un DRP dipende anche dalla chiara assegnazione di ruoli e responsabilità all’interno dell’azienda. Ogni persona deve sapere esattamente quali azioni intraprendere e in che tempi, riducendo al minimo l’incertezza in caso di crisi.
  5. Test e aggiornamento regolare: Uno degli aspetti più importanti del Disaster Recovery Plan è il test continuo. Non basta creare il piano; è necessario testarlo regolarmente per assicurarsi che funzioni correttamente e apportare modifiche in base ai cambiamenti tecnologici o organizzativi. Il test permette di simulare scenari di crisi e valutare l’efficacia delle procedure e dei tempi di ripristino.

Definizione di RTO e RPO: obiettivi chiave del ripristino

Una fase cruciale durante lo sviluppo del Disaster Recovery Plan è la definizione di RTO (Recovery Time Objective) e RPO (Recovery Point Objective). Il RTO indica il tempo massimo entro il quale il sistema deve essere ripristinato per minimizzare l’impatto sull’azienda. Più breve è il RTO, più rapida ed efficace sarà la ripresa delle operazioni critiche.

D’altra parte, il RPO definisce la quantità di dati che può essere “persa” durante un’interruzione, ovvero quanto indietro nel tempo può andare il backup senza causare danni irreversibili all’operatività aziendale.

A seconda della natura dell’azienda e del settore di riferimento, questi due parametri possono variare significativamente. In settori come il commercio elettronico o la finanza, il RTO e il RPO devono essere estremamente ridotti, mentre in aziende con operazioni meno sensibili al tempo o ai dati in tempo reale, questi parametri possono essere più flessibili.

RTO e RPO: Come adattarli alle esigenze aziendali

Dopo aver definito gli obiettivi di RTO (Recovery Time Objective) e RPO (Recovery Point Objective) nel Disaster Recovery Plan , è fondamentale comprendere come questi due parametri possano variare in funzione delle esigenze specifiche di ogni azienda.

Le decisioni riguardanti RTO e RPO non solo influiscono sui tempi e sulla quantità di dati recuperabili, ma possono avere anche importanti implicazioni economiche.

  1. Implicazioni di un RTO ridotto: Un RTO più breve garantisce che i sistemi siano ripristinati velocemente, minimizzando l’impatto di un’interruzione. Tuttavia, ridurre il RTO implica investimenti significativi in infrastrutture tecnologiche più avanzate, soluzioni di backup in tempo reale e personale qualificato per la gestione delle crisi. Ad esempio, aziende nel settore finanziario o dell’e-commerce, dove anche pochi minuti di downtime possono portare a gravi perdite economiche e danni reputazionali, necessitano di RTO molto ridotti, spesso nell’ordine di minuti.
    • Esempio: Un’importante piattaforma di e-commerce, per evitare perdite di transazioni o ordini durante un’interruzione, deve avere un RTO estremamente breve, spesso inferiore a 10 minuti. Questo richiede un’infrastruttura tecnologica ridondata e meccanismi di failover automatici.
  2. Implicazioni di un RPO ridotto: Anche ridurre il RPO comporta costi, poiché richiede frequenti backup dei dati o sistemi di replica continua per minimizzare la perdita di informazioni in caso di guasto. Settori come l’healthcare, che gestiscono dati sensibili in tempo reale (cartelle cliniche, dati dei pazienti), necessitano di un RPO praticamente vicino allo zero, per evitare la perdita di dati critici.
    • Esempio: Un ospedale che utilizza un sistema informatico per gestire le cartelle cliniche dei pazienti non può permettersi di perdere nemmeno pochi minuti di dati. Pertanto, il RPO deve essere prossimo a zero, con backup continui o sistemi di replica in tempo reale.
  3. Compromesso tra costi e benefici: Per le aziende con minori esigenze di rapidità o continuità dei dati, come quelle operanti in settori tradizionali o con cicli operativi più lunghi, è possibile tollerare RTO e RPO più elevati. In questi casi, l’azienda può adottare una strategia di Disaster Recovery più economica, accettando di perdere alcuni dati o di avere tempi di ripristino più lunghi, a fronte di costi operativi più bassi.
    • Esempio: Una piccola impresa manifatturiera può avere un RTO di alcune ore o persino di un giorno, poiché la continuità immediata non è così critica per la loro operatività giornaliera. Il costo per ridurre il RTO non giustifica il valore economico della ripresa istantanea.

Personalizzare RTO e RPO

In definitiva, la chiave per un Disaster Recovery Plan efficace risiede nel trovare il giusto compromesso tra velocità di ripristino e costi, adattando i parametri di RTO e RPO alle specifiche esigenze dell’azienda.

Mentre alcune aziende non possono permettersi di perdere nemmeno un secondo o un bit di dati, altre possono accettare tempi di inattività e perdite di dati moderate, in cambio di un piano di ripristino più economico ma comunque efficace.

È questo equilibrio che permette di costruire una strategia di Disaster Recovery su misura per ogni realtà aziendale.

Test e simulazioni del Disaster Recovery Plan

Un Disaster Recovery Plan (DRP) non è solo un documento statico; per essere realmente efficace, deve essere messo alla prova attraverso test regolari e simulazioni realistiche. Questi test sono fondamentali per garantire che l’azienda sia pronta a rispondere tempestivamente e in modo organizzato a una crisi reale.

Le simulazioni permettono di identificare eventuali punti deboli o vulnerabilità nel piano che potrebbero non essere evidenti durante la fase di sviluppo. È importante eseguire due tipi di test principali:

  1. Test pianificati: Questi test consentono all’azienda di valutare come il piano viene eseguito in condizioni simulate, con tutti i membri del team preparati e consapevoli. È un modo efficace per affinare le procedure operative e verificare che tutto funzioni correttamente.
  2. Test a sorpresa: Questi test, più impegnativi, simulano un’emergenza non annunciata per verificare come il team e i sistemi reagiscono senza preavviso. Questo tipo di esercizio è particolarmente utile per identificare la prontezza del personale e la capacità del DRP di essere applicato rapidamente, riducendo al minimo i tempi di inattività.

Inoltre, è essenziale tenere traccia dei risultati di ogni simulazione, analizzando le criticità emerse e apportando modifiche al piano dove necessario. Solo attraverso test regolari e aggiornamenti continui è possibile garantire che il Disaster Recovery Plan rimanga efficace e risponda alle esigenze dell’azienda, anche quando si verificano cambiamenti tecnologici o operativi.

Aggiornamenti continui del Disaster Recovery Plan

Un Disaster Recovery Plan (DRP) non può essere considerato efficace se non viene aggiornato costantemente per rispecchiare i cambiamenti interni ed esterni all’azienda. La tecnologia, le strutture organizzative e i rischi aziendali evolvono rapidamente, e un DRP che non tiene conto di questi mutamenti può diventare obsoleto e inefficace nel momento in cui è più necessario.

Gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni volta che si verificano i seguenti cambiamenti:

  1. Modifiche infrastrutturali: L’adozione di nuove tecnologie, l’aggiornamento dei sistemi IT o il cambiamento delle infrastrutture aziendali richiedono che il DRP venga rivisto per assicurare che copra correttamente tutte le componenti critiche.
  2. Evoluzione delle minacce: Le minacce per le aziende, in particolare quelle legate alla cybersecurity, sono in costante evoluzione. Nuove forme di attacchi informatici o cambiamenti nel panorama delle minacce devono essere valutati e incorporati nel DRP.
  3. Cambiamenti organizzativi: Se l’azienda subisce modifiche strutturali, come una riorganizzazione interna, nuove assunzioni o cambiamenti nei team chiave, è necessario aggiornare i ruoli e le responsabilità nel DRP per assicurare che ogni persona sappia esattamente cosa fare in caso di crisi.
  4. Revisione periodica: Anche in assenza di cambiamenti significativi, è buona prassi effettuare una revisione periodica del Disaster Recovery Plan, generalmente su base annuale, per confermare che tutte le procedure siano ancora valide e che non siano emerse nuove vulnerabilità o inefficienze.

Inoltre, la collaborazione tra i vari reparti aziendali è essenziale per identificare e implementare questi aggiornamenti. Ogni cambiamento deve essere comunicato chiaramente e, se necessario, supportato da sessioni di formazione per garantire che tutto il personale sia preparato ad applicare il piano in modo efficace.

Integrare il Disaster Recovery Plan nella cultura aziendale

Per garantire l’efficacia di un Disaster Recovery Plan (DRP), è fondamentale che questo non rimanga un documento isolato, ma venga integrato nella cultura aziendale. Questo significa che tutti i dipendenti, a ogni livello, devono essere consapevoli dell’importanza della continuità operativa e del loro ruolo nel garantire il successo del piano in caso di emergenza.

L’integrazione del DRP nella cultura aziendale richiede diverse azioni concrete:

  1. Formazione regolare del personale: Ogni membro del team, dal livello dirigenziale agli operatori tecnici, deve ricevere una formazione regolare per comprendere il DRP e sapere esattamente come comportarsi durante una crisi. Questo garantisce che, nel momento di bisogno, tutti siano preparati a seguire le procedure corrette senza esitazioni.
  2. Simulazioni e coinvolgimento attivo: Coinvolgere i dipendenti nelle simulazioni e nei test del DRP aiuta a rafforzare la consapevolezza dell’importanza del piano e a familiarizzare il personale con le procedure. Simulazioni regolari forniscono al team l’opportunità di identificare potenziali problemi e di sviluppare una risposta coordinata e veloce.
  3. Comunicazione continua: La comunicazione interna è un fattore chiave per mantenere l’intero team aggiornato sugli sviluppi del Disaster Recovery Plan. Ogni volta che il piano viene aggiornato o modificato, tutti i dipendenti devono essere informati e coinvolti. Questo non solo garantisce che il piano sia sempre attuale, ma contribuisce anche a creare una cultura aziendale attenta alla gestione delle crisi.
  4. Responsabilizzazione e consapevolezza: Ogni dipendente deve sentirsi responsabile per il proprio ruolo nel processo di ripristino. Questo aumenta la collaborazione e rafforza il concetto che il Disaster Recovery non è solo un compito del reparto IT, ma una responsabilità condivisa da tutta l’organizzazione.

Integrare il DRP nella cultura aziendale significa, in ultima analisi, costruire un’azienda più resiliente e preparata ad affrontare qualsiasi imprevisto.
Solo quando la continuità operativa diventa parte della mentalità aziendale, il piano può essere eseguito in modo fluido e senza intoppi, proteggendo così l’intera organizzazione.

Piani di Disaster Recovery e Continuità Operativa

Un Approccio Globale con Quadrologico

Assicurare la continuità operativa va oltre la semplice protezione dei dati: richiede una strategia integrata che coinvolga ogni aspetto aziendale. Pur essendo il Disaster Recovery una componente fondamentale della Business Continuity, poiché l’IT è al centro delle attività aziendali, la creazione di un piano di Disaster Recovery, se non integrato in una visione globale e strutturata, potrebbe rivelarsi insufficiente.

Quadrologico offre un approccio completo al Business Continuity Management System (BCMS), che garantisce non solo il ripristino rapido dei sistemi IT, ma anche una protezione sostenibile di tutte le funzioni aziendali.

Grazie a un approccio strategico, preveniamo, gestiamo e superiamo situazioni di crisi, minimizzando le interruzioni e preservando l’efficienza operativa, consentendo così all’intera organizzazione di mantenere la propria resilienza. I nostri interventi includono l’analisi dell’impatto aziendale, la valutazione e gestione del rischio, lo sviluppo di piani di emergenza e la formazione del personale, per garantire che ogni aspetto della continuità sia coperto e che l’azienda sia pronta a fronteggiare qualsiasi imprevisto.

1Downtime: Il downtime è il periodo in cui un sistema, servizio o infrastruttura non è operativo o disponibile a causa di guasti tecnici, manutenzioni o incidenti imprevisti. Durante il downtime, le attività aziendali possono essere interrotte, causando possibili perdite economiche e inefficienze operative. Ridurre il downtime è uno degli obiettivi principali di un Disaster Recovery Plan.

Riferimenti bibliografici
Quaranta, Andrea. Business continuity, gestione del rischio, resilienza: Come costruire un nuovo modello di business sostenibile e fare la differenza anche in momenti di emergenza. Wolters Kluwer.
Pierluigi Rausei, Marco Barbizzi. Management, Business Continuity, Going Concern: Fare crescere l’impresa oltre la crisi. Wolters Kluwer.

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